Quando siamo andati a convivere io e la mia compagna eravamo i soliti giovani pieni di speranze verso l’avventura di una casa nuova, liberi dalle rispettive famiglie.
Ci siamo ritrovati in un appartamentino a due passi dal centro storico di Ferrara, in un condominio vecchio e un po’ troppo popolato, ma che ci importava… Eravamo entrambi a pochi minuti dai rispettivi lavori e l’automobile poteva marcire per giorni parcheggiata sotto casa che le biciclette o le nostre gambe erano mezzi di trasporto più che sufficienti per i nostri interessi. Poi era la nostra casa, un rifugio al riparo dalle notti tempestose, dove non importava quanto avesse fatto schifo la giornata perché tanto c’era quel “Ci vediamo a casa” che ti faceva star bene.
Poi gli anni sono passati, è passata la pandemia, e l’appartamento ha iniziato a popolarsi: prima un gatto, poi il cane, poi il secondo gatto… E nel mentre sono passate estati torride e inverni poco rigidi ma molto umidi. Tutto questo è stato terreno fertile per una piaga che è cresciuta dentro di noi e piano piano ci ha portati all’esaurimento: il caos.
Caos non nel senso di non-ordine ma di rumore, disturbo, fastidio. Non riuscire a tenere aperte le finestre durante le mezze stagioni, dove l’aria fresca è sufficiente per allietare la prima (o ultima) calura dell’anno, a causa del troppo rumore del traffico. Essere sempre vincolati al climatizzatore per sopportare il caldo estivo. Ma soprattuto vivere immersi nello smog, nel cemento e nell’asfalto.
Poi la decisione: abbandoniamo la città. Ci siamo trasferiti esattamente affianco alla casa dove lei è cresciuta, in mezzo ad un frutteto nella campagna subito fuori Ferrara.
E fu il silenzio.
Correre affianco ai fossi, con il profumo dell’erba appena tagliata. Da una parte una famiglia di nutrie, dall’altra mamma anatra con i pulcini. Il falco che sorvola le campagne in cerca di una preda.
Verso sera osservare il tramonto arancione sopra i campi.
Portare a passeggio il cane dopo cena sotto un cielo stellato.
Ma che ci fai ancora in città?
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3 Novembre 2024
Vabbè ma in fin dei conti, cosa me ne faccio?
Probabilmente sarà lo scorrere degli anni che ci rende più simili alle figure…